La fisica del windsurf |
Ciao a tutti, questa volta non approfondirò un tema specifico, ma farò una carrellata sulle leggi fisiche che rendono possibile il nostro amato sport. Probabilmente lo troverete noioso (spero non per tutti...), ma sarà la base per affrontare nei prossimi articoli i dettagli dei vari componenti della nostra attrezzatura. Incominciamo con una piccola introduzione sulle andature, che ci servirà poi nello sviluppo della trattazione. Premessa: le andature.
Il windsurf può andare in molte direzioni tranne, ovviamente, controvento. Si va controvento quando l'angolo formato tra la direzione del vento e la direzione con cui si naviga e' compreso tra 0 e circa 45 gradi (chiamato anche angolo morto, la sua ampiezza dipende dal tipo di imbarcazione). In queste condizioni la vela non riesce a prendere vento da una parte sola e inizia a fileggiare sbattendo come fosse una bandiera. La tavola si ferma, cioè "stalla" perché la vela non e' più in trazione. Esistono quattro andature principali i cui nomi dipendono dalla direzione di navigazione rispetto al vento.
Bolina è l'andatura con cui si risale il vento. Le andature di bolina sono tutte quelle in cui l'angolo formato tra la direzione con cui si naviga e la direzione del vento e' inferiore ai 90°. Se l'angolo di bolina e' molto basso (vicino all'angolo morto) si parla di bolina stretta, se l'angolo e' più grande (vicino ai 90 gradi) si parla di bolina larga. Traverso è qull'andatura in cui il vento proviene lateralmente formando un angolo più o meno di 90° gradi rispetto all'andatura. Lasco E' un'andatura che prende il nome da come va tenuta la vela, cioè allascata rispetto all'andatura di traverso, quindi con un angolo di 45° circa rispetto all'albero; è il contrario di bolina, cioè si va al lasco quando, navigando a favore di vento, si fa un angolo superiore a 90 gradi rispetto alla direzione del vento ma con un'andatura sempre diagonale, intorno ai 120°, senza cioè dare completamente le spalle al vento. Poppa è l'andatura che si assume quando il vento soffia più o meno direttamente sulla parte posteriore della tavola, si è girati di spalle rispetto al vento con un angolo di 180° rispetto alla sua provenienza.
Leggi fisiche sulla vela e sotto lo scafo
Galleggiamento
Grazie ad Archimede sappiamo che: "..... un corpo immerso in un liquido riceve da quest'ultimo una spinta verso l'alto, pari al peso di liquido spostato dal corpo". Immergiamo completamente un cubo di un decimetro per lato in acqua. Esso sposterà un decimetro cubo del liquido, quindi riceverà dal liquido una spinta verso l'alto di circa un chilogrammo, visto che l'acqua pesa appunto 1 kg su dm cubo.
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A questo punto se il cubo peserà meno di un chilogrammo riemergerà fino a lasciare immersa una parte pari al peso di liquido spostato. Altrimenti affonderà in quanto la forza di sprofondamento dovuta al peso sarà superiore alla spinta della forza di Archimede. Anche se non galleggia, sarà comunque soggetto a questa forza, con il risultato che è più facile spostare un oggetto sott'acqua che in superficie.
Portanza
Perché con il vento il nostro surf si muove? Il vento spinge o trascina la nostra imbarcazione? La credenza comune porterebbe a dire "Il vento soffia....e spinge...", ma non è così, anzi, si può sicuramente affermare, che il vento ha solitamente più efficacia a trascinare una vela che a spingerla. Proprio così, il vento non soffia sulle vele spingendole, ma le lambisce e le aspira.
1. " ... un corpo sul quale agiscono due forze contrapposte si sposta nella direzione della forza che ha minore intensità, se le forze sono uguali il corpo resta immobile".(estensione del II° principio della dinamica)
2. " .... la pressione è una spinta applicata in modo uguale ed uniforme sulla superficie di un oggetto, come tanti piccoli pesi uguali su tante piccole parti uguali di superficie dell'oggetto, che nella loro somma formano una forza applicata sullo stesso".( definizione elementare di pressione )
3. " ... lungo il suo percorso, un fluido in movimento, dove è costretto ad accelerare diminuisce la sua pressione, dove è costretto a rallentare l'aumenta".( semplificazione del principio del Bernoulli)
Prendiamo ad esempio il profilo di un'ala di aereo investito da un flusso di aria in moto laminare ed analizziamo ora due particelle di fluido, accoppiate verticalmente, gemelle e inseparabili, che si muovano in modo rettilineo e che, incontrando il profilo, debbano separarsi per passare una sopra e una sotto al profilo.
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Mentre nel lato inferiore una particella si muove ancora in modo rettilineo senza ostacoli, nella parte superiore convessa, non potendo attraversare la linea del profilo e dovendo fare più strada, la seconda particella sarà costretta ad accelerare la sua velocità affinché si possa ritrovare insieme alla sorella alla fine del profilo. Ricordando il principio di Bernoulli, deduciamo che sul lato superiore del profilo la pressione è diminuita e quindi anche la forza applicata sul profilo verso il basso è diminuita, mentre nel lato inferiore, non essendoci stata una sostanziale variazione di velocità, la pressione è rimasta invariata e quindi anche la forza applicata. Vediamo di esprimerlo matematicamente:
dove:
Per il terzo principio enunciato, essendosi creata una differenza di forze sul profilo, esso si sposterà verso la forza più debole, cioè verso l'alto. Nel caso della nostra vela, il lato sottovento è convesso e si comporta come la parte superiore dell'ala: essendo più lungo il percorso che l'aria compie per superarlo, su di esso l'aria accelera e quindi diminuisce di pressione, causando la portanza.
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Le vele devono quindi raccogliere il vento, ma non trattenerlo; il flusso laminare sulla vela è indispensabile affinché si verifichi la differenza di pressione. Quando si cazza una vela questa raccoglie man mano sempre più forza fino a quando arriva ad un punto di rottura al di là del quale la forza decresce di colpo. Questo avviene nell'istante in cui la vela cessa di essere un deflettore per il vento e diventa solo un ostacolo, cioè quando lo scorrimento dell'aria sulle vele cessa di essere laminare e diventa improvvisamente turbolento. In questa condizione, la pressione sottovento alla vela viene meno bruscamente a causa del distacco dei filetti fluidi dalla vela.
Il triangolo delle forze
Ora immaginiamo che la forza della portanza sia identificata, in intensità e in direzione da una freccia che chiamiamo vettore F. Consideriamo poi il profilo alare come l'effettivo profilo della nostra vela e poniamo questa su di una ipotetica barca disponendo il tutto in modo che il moto dell'aria sia laminare.
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Data la direzione del vettore, (cioè della forza F), è chiaro che in questo caso il movimento dell'imbarcazione sarebbe di traslazione nella direzione della freccia, cioè avremmo sia un avanzamento nella direzione di prua che uno spostamento simultaneo nella direzione di sinistra, che definiamo scarroccio.
Se scomponiamo il vettore F sulla direzione di avanzamento e di moto trasversale avremo due vettori, che individueranno le forze in gioco nelle due direzioni. Una sarà la Forza di Avanzamento (Fa), l'altra la Forza di Scarroccio (Fs). Lo scarroccio è il movimento di traslazione laterale dovuto al vento. Da non confondere con quello eventualmente dovuto alla corrente che invece si definisce Deriva. Risulta chiaro che lo scarroccio è un effetto indesiderato, dato che il nostro intento sarebbe solo quello di avanzare.
Tutti sarebbero pronti ad indicare l'andatura di poppa, in realtà questa è l'andatura che si cerca di evitare, in quanto è l'andatura più lenta. Per capire il perché bisogna introdurre la definizione di "Vento Apparente". Il vento apparente è un vento fittizio per un osservatore esterno alla barca ma è, invece, l'effettiva aria che investe la barca, la cui velocità e direzione è data dalla componente della velocità della barca e della velocità del vento reale. L'apparente è il vento che effettivamente lambisce le vele. Userò un esempio di un ciclista per spiegare cos'è e a cosa porta. Se il vento è 10 nodi, e pedaliamo contro vento ad una velocità di 10 nodi, sul nostro volto avremo un vento apparente di 20 nodi e una bandierina su di un asta collegata alla bicicletta garrirà più forte di quanto non facesse a bicicletta ferma; se il vento è 10 nodi, e pedaliamo a favore di vento alla velocità di 10 nodi, sul nostro volto l'apparente sarà nullo e la bandiera sarà floscia lungo l'asta.
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Se aumenta la velocità dei filetti d'aria sulla vela, aumenta anche la forza con cui questa porta la barca, quindi il fatto che l'apparente aumenti o diminuisca influirà notevolmente sulla velocità della nostra navigazione. Se ci sono 10 nodi di vento reale e navighiamo al traverso con una velocità di 5 nodi, dando ordine al timoniere di poggiare per andare in poppa, avremo una diminuzione dell'apparente dei 5 nodi della velocità che avevamo, quindi la nostra propulsione diminuirà e, con essa, la nostra velocità. Se dal traverso ordineremo al timoniere di orzare fino ad andare di bolina, l'apparente crescerà, facendo quindi crescere la propulsione e con essa la velocità. La cosa più bella è che aumentando la velocità tornerà ad aumentare l'apparente, che aumenterà la velocità, che aumenterà l'apparente che aumenterà la velocità che...ecc..ecc... , fino a che per questioni di resistenza di avanzamento nell'aria e per la velocità critica (per le barche non plananti), le forze in gioco si equilibreranno e si arresterà l'aumento di velocità. Per quanto possa essere incredibile, sia i windsurf che parecchie le imbarcazioni da competizione superano in velocità il vento (quasi contrario) che le muove. Non abbiamo ancora tutte le nozioni per rispondere alla nostra domanda, per cui proseguiamo prendendo in esame il concetto che spesso viene definito come schiacciamento del vento a prua. Con la bicicletta di prima, da fermi, però stavolta con il vento che proviene da destra, vediamo garrire la bandiera trasversalmente alla direzione in cui siamo orientati, (se fossimo in barca avremmo il vento al traverso). Se ci mettiamo a pedalare, il vento apparente che ci procuriamo, è di direzione opposta alla nostra marcia, ma, composto con il vento reale, genera un nuovo apparente che fa disporre la bandiera in obliquo, rispetto alla nostra marcia, (se fossimo in barca passeremmo da una andatura di traverso a quella di bolina senza orzare).
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Questo vuol dire che se ci troviamo in barca al traverso, e acceleriamo la nostra velocità di avanzamento, diminuiremo anche l'angolo al vento della nostra bolina senza però aver modificato la direzione della prua, quindi dato che la barca non può navigare con angoli di bolina inferiori a quello di sopravento, (caratteristico per ogni singola barca), se il nuovo angolo dell'apparente, genererà una bolina troppo stretta, dovremo poggiare. Quando, come con gli skiff e sui windsurf, le velocità di navigazione e del vento sono simili, non sarebbe corretto classificare le andature in termini di "bolina", "lasco", "poppa", ma dai corrispondenti tipi di flusso del vento sulle vele:
flusso laminare (in finezza) flusso turbolento (in distacco)
E' facile dimostrare il concetto con esempi: sulla stessa rotta un cabinato viaggia con le vele lasche mentre un windsurf in planata è con la vela completamente cazzata; sullo stesso skiff si salpa di bolina con le vele lasche e, sulla stessa rotta, le si cazza man mano che si prende velocità...
Ora siamo in grado di rispondere alla domanda che ci eravamo posti all'inizio di questo paragrafo. L'andatura più favorevole, quella che consente la maggior velocità, è la "bolina relativa", quella cioè riferita al vento apparente! Essendo la velocità in planata superiore a quella del vento reale, l'apparente formerà un angolo inferiore ai 45° con la velocità del windsurf, e quindi la bolina relativa sarà vista da un osservatore posto sulla riva che percepisce il solo vento reale, come un'andatura al lasco. Se osserviamo, infatti, la figura seguente, si nota che l'andatura del windsurf rispetto al vento reale è a lasco, ma, rispetto a quella del vento apparente, è una bolina stretta.
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Da questo si può intuire che più veloci si viaggia e meno riusciamo a risalire il vento!
Dinamica in navigazione
Come abbiamo visto, il vento che viene deviato dalla vela agisce su di essa con una forza circa perpendicolare alla sua corda. Questa forza aerodinamica è applicata al centro velico (CV), che è il punto in cui si può pensare concentrata la forza sulla vela. Come visto prima questa crea sull'asse trasversale della nostra imbarcazione la forza di scarrocciamento: per evitare, quindi, di scarrocciare dobbiamo munire il nostro scafo di una pinna o deriva.
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L'acqua, quando la barca è in movimento, viene deviata dalla deriva, e agisce su di essa con una forza applicata nel centro di deriva (CD). Questa forza idrodinamica è esattamente uguale e opposta a quella di scarrocciamento che il vento esercita sulla vela. Il risultante della forza aerodinamica e della forza idrodinamica è quindi uguale a zero. Perché riusciamo a virare ed a strambare? Introduciamo il concetto di coppia. La coppia (momento) di una forza è una grandezza fisica che individua la causa della rotazione di un braccio, imperniato in un punto, per una forza applicata al suo estremo.
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Ad esempio, il movimento dei pedali della bicicletta è dovuto alla forza del piede sul braccio della pedivella vincolata al centro del telaio, attorno al quale ruota il piede che spinge. Il piede sta generando una coppia sul perno delle pedivelle su cui è montata la corona, che trasmetterà poi il moto al pignone della ruota. Se i pedali spingessero con due forze uguali in senso opposto, si avrebbe il controbilanciamento della coppia ( in questo caso la pedalata ), con l'immediato arresto della rotazione. Quello che accade se stiamo in piedi a gambe tese sui pedali della bicicletta. Il concetto che a noi interessa è che una coppia, se non controbilanciata, genera una rotazione intorno ad un punto. Vediamo in che modo questo ci può essere d'aiuto. Il windsurf è l'unica imbarcazione a non avere l'albero fisso e, quindi, a non avere un CV fisso. La nostra tavola, come ogni barca, ruota attorno al suo centro di deriva (CD), che in andatura non planante è fisso e posto sulla deriva per i windsurf che ne sono provvisti o circa sotto il piede d'albero per gli altri. Portando quindi avanti la vela, possiamo portare il CV davanti all'asse passante per il CD, creando una coppia che tenderà a far ruotare la nostra tavola nella direzione del vento (poggiata).
Al contrario, se voi arretriamo la vela, il CV andrà a trovarsi dietro al CD, creando una coppia che tenderà ad indirizzare la prua controvento (orzata).
Quando il CV ed il CD sono sullo stesso asse, il nostro windsurf non sarà soggetto a coppie e quindi avanzerà con moto rettilineo. Ma qual è la massima velocità a cui possiamo aspirare? Velocità critica Ogni barca muovendosi nell'acqua genera delle onde di velocità pari a quella della barca stessa. La velocità delle onde è direttamente proporzionale alla loro lunghezza e al quadrato della loro altezza. A una certa velocità l'onda del solco di prua diventa lunga quanto lo scafo, quindi una barca si trova a navigare "sospesa" su un onda con una cresta a prua e una a poppa della barca. Che cosa succede in queste condizioni? In una barca che navighi su un'onda di lunghezza pari al proprio galleggiamento o più corta, le particelle d'acqua che costituiscono l'onda vengono "separate" all'altezza della prua, scorrono lungo la carena e si ricongiungono prima della poppa, mantenendo sempre quello che in idraulica si definisce un regime laminare.
Se la barca, invece, naviga su un onda anche di pochissimo più lunga del proprio galleggiamento, le particelle d'acqua che costituiscono l'onda scorrono lungo la carena seguendo un regime laminare, ma quando arrivano alla poppa creano grosse turbolenze, che ostacolano l'avanzamento della barca; di fatto non permettono un ulteriore aumento della velocità, generando così una situazione di stallo. Questa velocità viene comunemente chiamata velocità critica. Per il suo calcolo ci si avvale della seguente formula di tipo empirico:
Vc=KvL
dove:
Quanto detto vale fino a che si naviga in dislocamento, cioè con lo scafo immerso per buona parte nell'acqua. Se viceversa si navigasse in planata, cioè semplicemente sfiorando il pelo dell'acqua, la velocità della barca potrebbe raggiungere teoricamente qualsiasi valore (proporzionale solo alla resistenza alla penetrazione dell'aria e alla potenza delle vele). Questo perché in planata lo spostamento d'acqua è ridotto al minimo, lo scafo scivola senza produrre onde rilevanti e quindi la velocità critica viene facilmente superata. La velocità critica quindi è un concetto che non si applica ai windsurf perché planano e possono quindi raggiungere velocità relativamente molto elevate. Infatti, il record di velocità su un windsurf è superiore a 80 km/h (velocità media su un percorso di 500 metri).
Riferimenti bibliografici: Articolo redatto da Claus Falconi, Laboratorio di Biologia Marina, Trieste http://www.maurofornasari.com/ altri articoli salvati sul mio pc dei quali non riesco a stabilire la provenienza nel caso in cui gli autori, anche di alcune illustrazioni, ritrovino traccia di loro contenuti sarò ben lieto di aggiungerli nei riferimenti..
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